Mi sono avvicinato al bondage nel 2012 nell’allora piccola comunità torinese. Negli anni ho studiato, osservato, cercato lo stile che sentivo più affine, e ho capito che il bondage giapponese era la direzione che volevo intraprendere.
Ho mosso i primi passi da autodidatta, fino a quando nel 2014 ho seguito il mio primo corso con Riccardo Wildties, scoprendo il kinbaku e lo stile Kinbaku Luxuria. Da allora ho intrapreso con lui un percorso di formazione.
A dicembre dello stesso anno ho deciso di aprire a Torino il Laboratorio di Bondage, con lo scopo di favorire l’incontro e lo scambio tra appassionati, e ho organizzato corsi di shibari con diversi insegnanti, italiani e europei.
Nell’ottobre del 2015 ho conosciuto Simona Mononoke, capitata al Laboratorio quasi per gioco.
Insieme abbiamo scoperto nuovi modi di emozionare e di emozionarci, abbiamo conosciuto e superato molti dei nostri limiti in un percorso per niente facile, ma che ci ha regalato emozioni che erano impensabili e se qualcosa è capace di cambiarci così profondamente, deve essere condiviso.
Il kinbaku è un dialogo sempre nuovo, sempre diverso, proprio come il nostro stato d’animo quando ci apprestiamo a svolgere qualsiasi altra attività, ed è questo essere sempre diverso che rende uniche e irripetibili le emozioni che viaggiano sulle corde. Alla base di tutto c’è una profonda fiducia: la persona che si affida alle corde in quel momento sta donando la propria libertà; e per questo motivo chi lega ha l’onore e l’onere di dare sempre tutto (non il massimo: tutto) alla persona che gli ha fatto un regalo così prezioso.
Non è facile, non ci si arriva per caso: il kinbaku è una disciplina, e come tale richiede tanta pratica e molti passi indietro quando magari vorresti fare un salto in avanti, e umiltà nel riconoscere i propri limiti da entrambe le parti. Ma una volta compreso nella sua natura, apre le porte a un mondo di sensazioni intense e sottili, dove le corde diventano solo un modo diverso di comunicare, un prolungamento dei propri sentimenti, un linguaggio più espressivo delle parole stesse.
A dicembre 2016 sono diventato il primo istruttore certificato Kinbaku Luxuria style (livello 1), certificazione che ho mantenuto fino al 2021.
A settembre del 2017 ho trasferito il Laboratorio di Bondage in una nuova sede, più grande e luminosa, più adatta ad ospitare workshop.
A novembre dello stesso anno la soddisfazione di avere a Torino, presso il Laboratorio di Bondage, Naka Akira per un workshop di tre giorni e una performance, appuntamento ripetuto nel 2019.
La pandemia e il difficile e incerto periodo che ne è seguito, insieme al contesto che era ormai molto cambiato, mi hanno portato alla decisione di chiudere il Laboratorio nel 2020.
Rimane lo studio privato in cui organizzo corsi e lezioni.
Cambiano i luoghi e il contesto, non la passione.
Per me il Kinbaku è un viaggio, un viaggio dentro la persona che lego e dentro di me, un viaggio dentro quella zona grigia che è in ognuno di noi.
Quella parte dove conserviamo i nostri fantasmi, le nostre paure più profonde, quelle che molte volte non abbiamo il coraggio di confessare a volte neanche a noi stessi.
E’ arrivare a quel fantasmi, prenderti per mano e dirti: “ehi, sono qui con te, va tutto bene, non sei sola, li affrontiamo insieme quei fantasmi”.
E per farlo occorre conoscere l’altra persona, occorre tempo, occorre pazienza, e occorre quella fiducia che ci fa dire: “so che mi graffierai dentro l’anima, so che potrà essere devastante per la mia mente, ma io ho fiducia nel fatto che tu lo stai facendo per farmi stare meglio, e soprattutto ho fiducia nel fatto che dopo ti prenderai cura di me”.
Questo è per me il bondage, questo è quello che da un senso a quello che faccio.
Un ringraziamento particolare va a quelle persone che hanno contribuito a farmi diventare quello che sono:
Simona, Sara, Gaia, Marianna, Paola, Mia, Nicole, Angelica, Athor, Camilla.
E soprattutto grazie a chi mi ha fatto conoscere, apprezzare, capire e infine amare questo modo di fare corde: Riccardo Wilties.